La pagina dei ricordi inizia con le più belle navi della M.M. italiana nella 2° Guerra Mondiale e si completa con le biografie di alcuni grandi eroi che hanno dato lustro alla Marina Militare.

Sommergibile Malaspina
(classe Marconi)
Sommergibile Finzi 
(classe "CALVI")
Sommergibile Veniero  
( classe Marcello)
Sommergibile Cappellini
( classe Marcello)
Sommergibile Calvi
( classe Calvi)
Sommergibile Tarantini
(Classe Liuzzi)
Sommergibile Magg.Baracca
(classe Marconi)
Sommergibile L. da Vinci
(classe Marconi)
Sommergibile Torelli
(classe Marconi)
Sommergibile R. Giuliani
(Classe Liuzzi)
 2 maggio 1969 l'Ammiraglio Birindelli incontra il suo Palombaro Amos PACCAGNINI.
Franco_del_Ministro
bandiera combattimento

 

 Gruppo A.N.M.I. di Pescia
M.O.V.M. Gino BIRINDELLI e C.G.V.M. Franco Omero DEL MINISTRO   
Piazza Simonetti, 1  - 51017 Pescia (PT)
E-mail: anmipescia@gmail.com      cell. 340 4989967 (Presidente)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Situazione navale all'inizio della seconda guerra mondiale

Analisi della politica navale tra le due guerre
(tratto da immagini e memorie della nostra Marina dell'Amm. Mario Buracchia)

In conseguenza del Trattato di Washington, a cui parteciparono le cinque grandi potenze mondiali, sulle limitazioni degli armamenti navali firmati nel 1922, ( la conferenza si svolse dal 12 novembre 1921 al 6 febbraio 1922).

La prima intesa, stabilendo una precisa gerarchia tra le cinque potenze navali, fissò per ciascuna di esse un limite massimo di tonnellaggio riferito a corazzate e portaerei. In particolare fu assegnata agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna una quota di 525 mila tonn. di corazzate e 175 mila tonn. di portaerei; al Giappone 315 mila tonn. di corazzate e 81 mila di portaerei; infine a Francia e Italia 175 mila tonn. di corazzate e 60 mila di portaerei. Tale limite doveva essere raggiunto entro il 1931 e per tale data tutte le unità sia in linea che in costruzione eccedenti a questi tonnellaggi dovevano essere demolite.

Il secondo accordo riguardò le limitazioni qualitative che stabilivano per ogni specifico tipo di unità sia il limite superiore del calibro delle artiglierie imbarcate sia il dislocamento massimo.

La terza intesa raggiunta instituì una cosidetta "vacanza navale" di 10 anni durante i quali nessuno avrebbe potuto mettere in cantiere corazzate ne comunque unità di dislocamento superiore alle 10.000 tonn. Fu inoltre stabilito che Francia e Italia, tenedo conto della minore efficienza delle loro corazzate, avrebbero potuto costruirne due nuove, anche durante il decennio della vacanza navale, ma non prima del 1927.

La quarta convenzione riguardò l'Estremo Oriente ed in particolare il superamento dell'ormai anacronistica alleanza bilaterale anglo-nipponica del 1902, che, nata in chiave anti-russa, si era trasformata successivamente in anti-tedesca, e con la sconfitta tedesca, poteva considersi in funzione anti-americana.

A parte i contrasti con la Francia, fiera del suo passato, e che mal digeriva la parità navale con l'Italia ( appoggiata da Stati Uniti e Gran Bretagna), nel nostro paese le clausole navali del trattato furono salutate con viva soddisfazione: si era trattato di un rilevante successo politico che corrispondeva alle potenzialità tecniche che il paese poteva mettere in campo. Senza dubbio era stata la posizione sostenuta dall'Italia, potenza chiusa nel Mediterraneo e dipendente per la sua sopravvivenza dal flusso di rifornimenti via mare, che aveva dato una solida base alla richiesta di parità con la Francia, considerata a quel tempo l'unica probabile avversaria. E' bene sottilineare che l'ipotesi di un conflitto con la Gran Bretagna non fu mai presa in considerazione dai responsabili della Marina, almeno fino al 1935.
Altro aspetto considerato favorevolmente fu la "vacanza navale" con la sospensione della costruzione di corazzate che la provata economia italiana, non avrebbe comunque potuto affrontare.

Il dissenso franco-italiano conseguente al trattato di Washington si spostò a poco apoco dal campo tecnico a quello di prestigio, rinfocolando anche vecchi antagonismi. A parte le datate rivendicazioni sui confini, l'Italia imputava alla Francia, che siera sempreoppostaalla revisione delle clausole del trattato di pace, il fatto di non aver ottenuto compensi territoriali adeguati per la sua partecipazione al conflitto a fianco degli alleati. Tale contrasto condizionò pesantemente la politica navale delle due nazioni, soprattutto quella francese, anche se le sue maggiori preoccupazioniin termini di sicurezza nazionale furono comunque rivolte a ricercare garanzie nei confronti della Germania. In uno studio segreto del 1927, sulla base di un ipotesi di conflitto che l'avrebbe vista opposta ad una coalizione italo-tedesca con l'Inghilterra neutrale, la Francia impostò i suoi programmi di costruzione per realizzare una flotta militare di tonnellaggio pari alla somma di quella italiana e tedesca aumentata di 150 tonn. pere tenere conto delle esigenze di difesa del suo impero voloniale ( era la seconda potenza coloniale). Questo antagonismo condizionò i programmi di costruzioni navali italiane. Ne risultò una spiccata similitudine nelle unità realizzate, in particolare negli incrociatori pesanti tipo Washington. Anche di fronte alla scelta di dotarsi o meno di portaerei glia tteggiamenti delle due marine furono simili con la rinuncia di entrambe a questo tipo di untà, sulla base di convinzioni che il teatro meditteraneo avrebbe comunque consentito nelle operazioni marittime l'impiego di mezzi aerei basati a terra.

Tra la fine del conflitto e il 1923 vennero ordinati ai cantieri solo tre esploratori classe Leone da 1.700 tonn. e 14 caccia tra i 900 e 600 tonn di dislocamento. Le esauste casse dello stato non potevano certamente sopportare di più.

I bilanci di Marina furono incrementati rispetto a quelli dell'immediato dopoguerra soprattutto nel 1922-23 per finiziare un seppur modesto programma quinquennale che il ministro Thon di Revel era riuscito a far approvare dal Parlamento. Con i bilanci successivi, come emerge chiaramente dall'analisi delle serie di bilanci della Marina rapportati in lire costanti, però gli stanziamenti subirono una netta flessione e si stabilizzarono fino al 1935.

La Marina amministrò oculatamente i fondi assenatigli e impostò un contenuto programma di rinnovamento della flotta " che prevedeva di mantenere il numero delle unità, sostituendo con gradualità le navi più vecchie con unità moderne", con occhio sempre attento ai programmi navali francesi. Fino alla fine del 1928 le due Marine si erano impegnate a mantenere in linea le vecchie corazzate eventualmente ammodernandole. Con la nomina di Cavagnari a sottosegretario della Marina, i programmi di costruzione cambiarono radilcamente. Ciò fu motivato anche dal varo della Deutschland nel 1934, la prima della serie di tre corazzate tascabili tedesche , che provocò l'impostazione delle corazzate francesi Dunkerque e Strabourg a cui l'Italia rispose con l'inizio della costruzione del Littorio e Vittorio Veneto, da 35.000 tonn. Successivamente fu presa la decisione di rimodernare i due Cavour e i due Duilio per riequilibrare la disparità di forze con la Francia che aveva in linea sei corazzate antiquate ma rimodernate.

Nell'ottobre del 1935 il conflitto italo-etiopico mise di fronte alla possibilità di dover affrontare un conflitto con l'Inghilterra in una situazione di grave isolamento diplomatico e di soffocamento economico, conseguente alle sanzioni decise, per la prima volta, dalla Società delle Nazioni. Il temuto scontro con la Marina inglese, che nella circostanza aveva rinforzato la flotta del Mediterraneo con la Home Fleet, fu tuttavia evitato e la Marina italiana potè garantire il sostegno ad un importante sforzo logistico, che consentì di far affluire in Africa Orientale 560 uomini, 66 mila quadrupedi, quasi 30 mila automezzi e oltre 2 milioni di tonnellate di materiale vario .Per motivi di spazio tralasciamo gli avvenimenti (tra cui l'intevento nella guerra civile spagnola) ed arriviamo all'inizio del conflitto.

Il 10 giugno 1940, all'inizio delle ostilità, il rapporto di forze con le Marine avversarie era decisamente sfvorevole.

La Marina italiana disponeva di 4 corazzate, 7 incrociatori pesanti, 12 incrociatori leggeri, circa 130 tra caccia e torpediniere e 115 sommergibili;

la Flotta francese disponeva di 5 corazzate, 7 incrociatori pesanti, 7 incrociatori leggeri, circa 60 tra caccia e torpediniere e 115 sommergibili;

quella inglese del Mediterraneo 5 corazzate, 2 portaerei, 10 incrociatori leggeri, 35 cacciatorpediniee,12 sommergibili.

Dal punto di vista tecnico l'inferiorità italiana risultava ancora più evidente. Delle 4 corazzate italiane 2 non erano ancora completamente operative, me le altre due, Cesare e Cavour, armate con cannoni da 320 mm e con una corazzatura non molto spessa, non erano in grado di reggere il confronto con le corazzate inglesi e francesi armate con cannoni di calibro superiore e molto meglio protette.
A fronte di una prevalenza nelle torpediniere e nei sommergibili, la Marina italiana era priva di portaerei, unità che si riveleranno molto importanti nel corso del conflitto, e per di più non poteva contare su una superiore aviazione navale e costiera.
Inoltre l'improvvisa dichiarazione di guerra, suggerita più da idee politiche che militari, provocò la cattura o l'internamento presso porti stranieri di 218 piroscafi italiani per circa 1.200.000 tonnellate di stazza, più di un terzo della consistenza totale della Marina mercantile dell'epoca.