Affondamento CORAZZATA ROMA
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Estratto da    "L’ultima missione della Corazzata Roma"
di Agostino Incisa Della Rocchetta

9 settembre 1943

.... Gli aerei  attaccanti erano (tedeschi n.d.r.) i Dornier Do217K che qualcuno a bordo delle navi scambiò per Heinkel111, simili come struttura generale, ma con il posto di pilotaggio e di puntamento a linee arrotondate, mentre i Do217K avevano una linea che scendeva a poppavia del posto di pilotaggio.
Questo, perciò, risultava più alto del resto della carlinga, anche per dare alle mitragliere che difendevano i settori poppieri in alto, una migliore posizione.

 

Ogni aereo portava una sola bomba speciale radiocomandata e con propulsione a razzo, che le conferiva una velocità di caduta di circa 300 m/sec, notevolmente superiore a quella naturale dovuta alla sola forza di gravità.

Nell’affondamento della Roma persero la vita almeno 1.393 uomini su un equipaggio di 2021 unità (compreso il personale del CC.FF.NN.BB.).

Inoltre aveva speciali doti di perforazione delle corazze essendo studiata, appunto, per l'impiego contro navi.
La bomba mortale che colpì La Nave Roma era stata progettata sin dal 1939 dal dott. Kramer ed era contraddistinta dalla sigla FX-1.400 e chiamata familiarmente Fritz-X.
Secondo altre fonti essa avrebbe avuto la sigla PC-1.400X, o anche SD-1.400.
Esisteva anche un'altra bomba di caratteristiche analoghe, la Henschel 293, ma quella impiegata contro le nostre navi fu la FX-1.400. Essa era lunga m 3,30, aveva un diametro di mm 500 circa, pesava kg 1.400 e portava kg 300 di esplosivo.




La spinta del razzo annullava quasi del tutto la componente orizzontale della velocità di caduta che hanno le bombe normali, componente dovuta alla velocità dell'aereo.

         

Ecco perché, mentre nelle azioni di bombardamento con bombe tradizionali, lo sgancio avveniva su un sito intorno ai 60°, queste nuove bombe venivano sganciate su un sito superiore agli 80°.
Questa forma inusitata di attacco trasse inizialmente in inganno i comandanti delle navi italiane, i quali, vedendo che gli aerei superavano il sito 60° senza sganciare, pensarono che non avessero intenzioni ostili...
... A causa di questo elemento di sorpresa, il fuoco antiaereo fu tardivo, anche perché, evidentemente, il Comando in Capo delle FF.NN.B. non voleva essere il primo a compiere atti ostili contro l'ex alleato.

Il DT c.a. di dritta T.V. Medanich aveva gli aerei in punteria già da quando essi erano a m 14.000 sul sito e dato che i cannoni da 90 potevano sparare ad un ritmo di 18-20 colpi al minuto ed avevano una gittata massima intorno ai m 13.000, ci sarebbe stato il tempo per aggiustare bene il tiro.
Inoltre, se si fosse deciso l'impiego di tiro di sbarramento antiaereo con i 152, che era previsto dalle norme, benché gli aerei volassero a m 5.000 di quota, il sito a m 14.000 sarebbe stato sufficientemente basso per poter far fuoco anche con i 152 che avevano un'elevazione massima di 45°.

Il Magg. Jope disse, in un'intervista, che condusse l'attacco a m 5.000 di quota sia perché quella era la quota più adatta per l'uso delle FX-1.400, sia perché egli sapeva che la contraerea delle navi italiane poteva sparare a circa m 4.000, il che non è esatto.
La FX-1.400 veniva seguita nella sua traiettoria che poteva essere corretta con radiocomando e questo spiega la sua straordinaria precisione.

Dalle deposizioni dei naufraghi, risulta che in totale le bombe dirette contro la Roma furono 4: una prima caduta in mare all'altezza del barcarizzo di poppa [vedi deposizione del G.M. F. Saverio Bernardi], una seconda che colpi la nave sul castello a dritta, a murata fra i complessi da 90 n. 9 e n. 11, una terza che cadde in acqua a sinistra, molto vicina allo scafo; una quarta che, entrata fra il torrione e la torre m.c. di prora a sinistra, provocò la deflagrazione dei depositi.

 

9 settembre 1943 - h 16:11

La Roma, gravemente colpita, si capovolse spezzandosi in due tronconi che affondarono verticalmente. 

Le perdite risultarono così costituite:

                        

Presenti a bordo

Deceduti o dispersi

Superstiti

Ufficiali

115

85

30

Sottufficiali

279

231

48

Sc. e comuni

1.627

1.077

550

Totali

2.021

1.393

628

 

Il comportamento del personale della Roma, così come risulta dalle testimonianze rese dai reduci della nave alla Commissione d’Inchiesta Speciale (CIS), che viene nominata ogniqualvolta si verifica l’affondamento per motivi bellici di una nostra unità da guerra, fu esemplare fin dalla partenza della nave da La Spezia.

Moltissimi furono gli episodi di abnegazione per salvare i compagni feriti o gravemente ustionati, così come fu encomiabile l’opera degli ufficiali e dei sottufficiali i quali, con la loro sicurezza e tranquillità, riuscirono a mantenere la calma e l’ordine nelle zone colpite dalle bombe e dagli incendi sviluppatisi.

Molti persero la vita pur di dare soccorso ai compagni che erano rimasti intrappolati in zone della nave colpite e dalle quali non avrebbero potuto trovare scampo. Allorché fu evidente che la corazzata era ormai in procinto di affondare, gli ufficiali ed i sottufficiali avviarono verso poppa il personale, aiutando i feriti più gravi.

Cronologia degli eventi:
(partenza da la Spezia - affondamento nelle acque dell'Asinara)

02.25

La flotta Italiana, composta da 23 unità navali comandate dall'Ammiraglio Carlo Bergamini imbarcato sulla corazzata Roma, lasciava La Spezia dov'era ormeggiata e si dirigeva verso La Maddalena.

02.26

La flotta veniva raggiunta da altre unità provenienti dal porto di Genova.

06.30

Alla squadra navale si aggiungeva l'ottava Divisione e, circa due ore dopo, la formazione si completava con l'avvicinamento della squadriglia torpediniere Pegaso.

09.00

Il convoglio incrociava a ponente della Corsica.

09.45

Veniva avvistato un ricognitore inglese (presumibilmente un Glenn Martin Marauder) che prese a girare intorno alla flotta.

10.30

Veniva identificato un ricognitore tedesco, al che la flotta prendeva a navigare a zigzag (le navi militari infatti navigavano zigzagando durante un bombardamento per evitare le traiettorie verticali delle bombe in caduta).

12.00

Quando veniva scorta l'isola dell'Asinara, le navi riassumevano l'ordine di navigazione in linea di fila cessando di zigzagare.

12.34

Le unità si disponevano per entrare nelle acque prossime alla Maddalena per poi dirigersi al porto.

14.45

Le navi ricevevano un telegramma dallo Stato maggiore di Roma che comunicava la caduta della Maddalena in mani tedesche. Il Comandante in Capo, Ammiraglio Bergamini, decideva dunque di invertire rapidamente la rotta in direzione Asinara.

15.10

Veniva avvistata una formazione di 15 bombardieri Dornier 217 tedeschi con rotta delle navi. Veniva pertanto lanciato l'allarme aereo al quale seguivano i primi colpi di cannone antiaereo dalle navi.

15.36

Una prima bomba cadeva di fianco alla poppa della corazzata Italia sollevando un enorme muro d'acqua.

15.50

Una bomba colpiva il lato sinistro della corazzata Roma provocandone un drastico rallentamento.

16.00

Un'altra bomba centrava la Roma provocando l'esplosione del deposito di munizioni di prora. L'esplosione generava un vasto incendio a bordo in corrispondenza delle torri prodiere, della plancia e del fumaiolo prodiero. La nave progressivamente si spezzava in due tronconi e lentamente si inabissava.

16.11

La nave scompare in mare insieme a 1253 (?) uomini del Suo equipaggio, ivi compreso l'Ammiraglio Bergamini.

Il recupero dei naufraghi della Roma

I naufraghi della Roma, furono recuperati dai cacciatorpediniere Mitragliere, Fuciliere e Carabiniere, dall’incrociatore Attilio Regolo e dalle torpediniere Pegaso, Impetuoso e Orsa.
Dei seicentoventotto (altre fonti indicano 622 - n.d.r.) uomini salvati, nove decedettero a bordo delle nostre navi, sedici all’Ospedale di porto Mahon, ed uno a Caldes de Malavella per incidente automobilistico. I superstiti della Roma furono quindi cinquecentonovantasei.